Banca e politica in famiglia: c’è il conflitto di interessi. Il caso Alfieri
Editoriale di Gerardo Spira*
La materia è stata continuamente sottoposta al vaglio della giurisprudenza che pur nella sua complessità ha sempre schematizzato il principio: Vi è sempre il vaglio del conflitto di interesse quando due o più funzioni entrano in relazione e si incrociano in rapporti di finanza pubblica. La domanda:” Vi è incompatibilità e conflitto di interesse nel caso che il Comune è retto da Sindaco fratello del rappresentante legale di istituto di credito tesoriere del Comune? La risposta è, SI’.
Poiché la politica, amica, di strenuo sostegno si protrae in discussioni appositamente dilatorie, riteniamo di mettere il SI’ nella costruzione normativa che il Legislatore ha posto, pur nel contrasto di posizioni politiche. Nel nostro amato Paese, purtroppo, non è sufficiente che la legge lo dica espressamente, è sempre necessario armarsi di carta bollata e sollevare il problema davanti ad un Organo di Giustizia. Eppure nelle leggi, specialmente quelle di diritto amministrativo, sono sempre indicati i livelli di responsabilità, per rendere la norma di pronta applicazione, in modo trasparente e veloce, per non appesantire i procedimenti, evitare maggiori costi e soprattutto danni alla Comunità, danni enormi in termini politici, sociali, economici e finanziari. Immaginiamo i vasti risvolti, nel caso di un Sindaco che agisce in modo indisturbato durante il suo mandato, che ha firmato atti di contabilità eseguiti dal fratello tesoriere, che ha attivato mutui e finanziamenti con la Banca tesoriere, che ha disposto anticipazioni, concordato interessi, non controllati etc… Questo amministratore, che ha operato in condizione di assoluto conflitto di interesse, vietato, secondo la legge sulle pubbliche contabilità, ha operato in regime di gestione di fatto, vale a dire ha messo le mani sul danaro pubblico senza alcuna garanzia di vigilanza e di controllo legale…
Torniamo al problema, che non è solo di oggi. – Da prima del 2000 una seria opposizione territoriale sollevò il problema, che, pare si sia frantumato sul muro del NIET, Non so, ma vediamo, tutti di Autorità incrociate. I conti pubblici e bilanci, nonostante qualche timida occhiata ispettiva, sono passati attraverso il semplice voto politico di assemblee e Consigli comunali. Voto politico non significa voto di regolarità tecnica e finanziaria. Questa si sposta di volta in volta fino a quando il vaso non si apre. Allora si affretta la corsa a coprire numeri e impegni per non pagare di persona e tutto il malloppo viene posto sul groppone dei cittadini. Per la legge invece non è così e non deve essere così! Il problema si è fatto stringente e si presenta in tutta la sua gravità.
Il 2013 corre l’anno in cui in Italia viene emanato il D.lgs. 39, sulla delega del Parlamento, di disciplina generale delle incompatibilità e del conflitto di interesse dei dirigenti, degli amministratori ègovernance” delle società pubbliche anche nei rapporti con Enti e istituti privati. Negli artt. Dal 49 al 59 del Decreto 39 il legislatore ha posto attenzione sul tema del conflitto di interesse nello schema di gestione delle attività pubbliche sul profilo del tracciamento delle finanze. Ciò allo scopo di assicurare al danaro pubblico il controllo e la vigilanza delle istituzioni appositamente deputate. Questa competenza è stata riservata proprio alla Banca d’Italia per Banche e istituti di credito e finanziari.
Ancor prima, già nel 2010 il legislatore con la integrazione dell’art. 61 comma i bis del TOUEL 267 aveva rilevato il problema e messo riparo alla questione specifica della incompatibilità per Sindaco e Presidente di provincia di coprire le cariche pubbliche in caso di presenza di parenti ascendenti e discendenti o parenti e affini fino al secondo grado. Il Ministero col parere del 25.5.2010 ha rilevato che: “Solo per coloro che intendono ricoprire la carica di sindaco o di presidente della provincia, è prevista un’ipotesi d’incompatibilità, specificamente loro dettata dall’art. 61, comma 1bis, del D. Lgs. n. 267/2000, che impedisce di ricoprire le due cariche a coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali. La previsione si aggiunge a quella comune di cui all’art. 63, comma 1, n. 2, del T.U.O.E.L. e colpisce i citati amministratori anche in assenza di un vantaggio diretto o indiretto che possa essere imputato loro personalmente, ma rimanga esclusivo del parente che gestisce l’appalto o il servizio, a maggior salvaguardia del principio d’imparzialità dell’azione amministrativa e per porre al riparo coloro che svolgono una pubblica funzione dal sospetto di essere influenzati da interessi confliggenti con quelli del comune”.
Se il Sindaco non ha eliminato la incompatibilità, cosa accade per la sua gestione? Chi dichiara la legittimità delle operazioni avvenute?
Il problema è attuale e coinvolge responsabilità a più livelli per le gestioni passate, per le conseguenze già distese in conti, bilanci e investimenti pubblici, ma soprattutto per il futuro politico di un territorio amministrato e gestito in condizione di incompatibilità e di conflitto di interesse.
* Fondazione “Angelo Vassallo”, avvocato