Alla Pinacoteca provinciale l’antologia di Deborah Napolitano – Differenza e ripetizione
Venerdì 22 settembre, alle ore 17,30, presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno (via Mercanti 63) viene inaugurata Differenza e Ripetizione, l’antologica di Deborah Napolitano che proseguirà fino al 25 ottobre 2023. Curata da Antonello Tolve, la mostra è organizzata dalla Fondazione Filiberto e Bianca Menna e dal Lavatoio Contumaciale, in collaborazione con il Museo della Ceramica Alfonso Tafuri e con il patrocinio della Provincia di Salerno.
“Mettiamo a disposizione la nostra Pinacoteca sempre volentieri – dichiara il Presidente della Provincia Franco Alfieri – quando ci vengono proposti progetti significativi come l’antologia di Deborah Napolitano. È fondamentale infatti muoversi in sinergia fra Enti, come in questo caso che vede uno sforzo organizzativo congiunto. Sono convinto che questa sia la direzione da percorrere per ottenere risultati concreti nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale, oltre che del territorio. Auguro buon lavoro a tutti.”
Aggiunge il Consigliere provinciale delegato alla cultura Francesco Morra. “Il lavoro di Deborah Napolitano è particolarmente interessante perché si concentra su una serie di formule linguistiche che ripercorrono i racconti della tradizione ceramica vietrese. La terracotta è protagonista assoluta, quasi a sottolineare l’attenzione dell’artista per la plasticità della terra, ma sempre trattata come materiale da svincolare dalla tradizione.”
DIFFERENZA E RIPETIZIONE
Muovendo da una serie di elementi che si ripetono seguendo variazioni e spostamenti, come pure giochi di somiglianza formale, sempre fortemente spinti verso una singolarità e dunque portati sul livello di una unicità dettata dalla robustezza della manualità, Deborah Napolitano propone un viaggio tra effetti ottici e linguistici che caricano di nuovo senso cose e oggetti, con lo scopo di dar vita a immagini del pensiero, a sculture oscillanti tra artificializzazione della natura e naturalizzazione dell’artificio.
Con Differenza e Ripetizione (il titolo è preso a prestito da un libro di Gille Deleuze del 1968) Napolitano disegna negli spazi della Pinacoteca Provinciale di Salerno un itinerario plastico che si nutre di elementi tradizionali quali la terracotta – spesso collegata a strutture e forme metalliche (ferro, bronzo, ottone) – plasmata per dar luogo a forme e formule dalle venature squisitamente metafisiche (e a tratti neoromantiche) che mostrano sospensione, slittamenti percettivi, racconti muti e preziosi.
Dell’ormai quindicinale processo di rielaborazione e rivitalizzazione del tessuto tradizionale che Napolitano indaga per formare discorsi affilati e innovativi, troviamo in mostra lavori che vanno dai suoi primi cavalli di battaglia – una installazione di innocue Mine realizzate in terracotta e smalti sin dal 2008 e alla cui estremità, anziché una miccia, crescono piccole agavi o cactus tipici della costiera amalfitana – alle preziose immagini di Guardiani (2014-), elmi brillanti e sovratemporali dai prefissi linguistici neoantichi. Scomodatevi (2017) è, poi, una installazione in cui delle sedie sono decontestualizzate, sovrapposte, lasciate apparentemente in bilico, poste in dialogo con lo spazio circostante: e le cui sedute hanno l’aspetto del cactus e del fior di loto.
Sempre del 2017 sono Naturalis historia (tre uova in ferro e terracotta di colore diverso), In hoc signo (guanti in ceramica, chiaro omaggio a Mimmo Paladino), Autoritratto (la pecora nera) e la preziosa installazione Metafisica sistemica in tre tempi (2017): opere seguite dai solitari Platone (2019), le Attese (2019), Stabat mater (2019).
Tra i lavori più recenti proposti in mostra, abbiamo Fantasie senza fine (2023), 5 pinocchietti un po’ dispettosi e invidiosi che guardano verso un lucignolo dalle orecchie d’asino (in questo lavoro si coglie anche la lucida ironia adottata spesso da Napolitano), Harlequin in the Mirror (2023), variante dell’omonimo lavoro entrato nella collezione dell’Ambasciata d’Italia a Berna, e l’inedito Abitanti (2023), circa trenta busti in terracotta installati circolarmente, alcuni dei quali al posto del cuore conservano una piccola mela di bronzo.