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A Marina di Camerota si continuano a cercare tracce e indizi del passato: archeologi a lavoro

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A Camerota si continuano a cercare tracce e indizi del passato: archeologi a lavoro

Le Grotte del Poggio e della Cala a Marina di Camerota sono oggetto di indagini multidisciplinari a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, e sono annoverate, ad oggi, tra le evidenze paleolitiche italiane più significative a livello internazionale, poiché rappresentano dei veri e propri capisaldi per la ricostruzione crono-culturale del Paleolitico medio e superiore.

Le ricerche si svolgono grazie al fondamentale sostegno dell’Amministrazione Comunale di Camerota e sono condotte dall’Unità di Ricerca di Preistoria e Antropologia del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dall’Università di Siena e dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino, in regime di concessione.

La Grotta del Poggio è nota, fin dai tempi della scoperta, per la presenza di livelli di occupazione relativi all’Uomo di Neanderthal (Paleolitico medio), che oggi, grazie ai moderni metodi di datazione, sappiamo con certezza essere collocabili cronologicamente durante la fase glaciale corrispondente allo stadio isotopico 6 (200-140 mila anni fa), quando in Italia meridionale vivevano animali come l’elefante (Palaeoloxodon antiquus) e il rinoceronte (Stephanorhinus sp.).

In questo periodo i Neandertaliani producevano massicci strumenti (raschiatoi e denticolati) su scheggia dotati talora di un tipico ritocco invadente detto “scalariforme”. Tali caratteristiche, insieme all’elevato spessore del deposito antropico (ca. 6 m), rendono la Grotta del Poggio un raro archivio di dati antropogenici e paleoambientali di estrema importanza scientifica, tale da travalicare i confini del nostro paese, tanto che dal 2022 il sito è inserito in un progetto europeo relativo ai Neanderthal e ai primi sapiens.

Il proseguimento delle ricerche, effettuate con i più moderni sistemi di indagine stratigrafica e avvalendosi di tecnologie all’avanguardia permetterà di acquisire informazioni inedite sul comportamento, i modi di vita e le capacità cognitive dei gruppi di cacciatori-raccoglitori neandertaliani in una fase ancora molto poco conosciuta del loro percorso evolutivo.

Le ricerche nella vicina Grotta della Cala tornano quest’anno ad interessare i livelli del Paleolitico superiore relativi alla frequentazione del Gravettiano antico. Si è concluso infatti lo scavo dell’area sepolcrale dell’età del Bronzo, scoperta nel 2018 nella camera interna della grotta, che ha restituito una serie di reperti eccezionali, tra cui decine di perle in pasta vitrea e ambra e resti umani, principalmente denti, appartenenti a più individui. I dati raccolti sono adesso al vaglio di una equipe multidisciplinare di studiosi afferenti a istituzioni diverse (Università di Siena, Bologna e Firenze, CNR ISTEC di Faenza e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Caserta e Benevento).

Si attendono i risultati definitivi degli studi che, opportunamente integrati, saranno oggetto, a breve, di una pubblicazione su una rivista internazionale.
I livelli del Gravettiano antico hanno restituito in passato numerosi strumenti in pietra, abbondanti resti faunistici e ornamenti costituiti sia da canini atrofici di cervo, sia da piccole conchiglie marine.

Con i nuovi scavi si intende ampliare l’area indagata in modo da effettuare anche studi di distribuzione spaziale, indispensabili per comprendere come i nostri lontani antenati sapiens utilizzassero e gestissero il loro spazio abitativo.

Il deposito antropogenico della Grotta della Cala continua ad offrire ogni anno nuove emozionanti scoperte che, se da un lato arricchiscono in modo incommensurabile le nostre conoscenze su un passato oramai remoto nel quale l’uomo viveva in completa armonia con la natura, dall’altro contribuiscono a mantenere vivo l’interesse degli studiosi e, soprattutto, del grande pubblico su un sito riconosciuto ufficialmente come patrimonio dell’Umanità.

Gli eclatanti risultati raggiunti sono il frutto di anni di ricerche e studi resi possibili dalla duratura sinergia instauratasi tra il Comune di Camerota, la Soprintendenza Archeologica e gli Enti di Ricerca coinvolti.

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