Sanremo 2023, Mengoni: “L’ho già vinto, quest’anno vorrei divertirmi”
Il festival l’ha già vinto 10 anni fa, con ‘L’Essenziale’. Quindi a Sanremo 2023 Marco Mengoni assicura di puntare a divertirsi. Nonostante i bookmakers, e tanta parte dei critici che hanno già ascoltato il suo brano, lo diano per favorito. “Cosa si prova a partire favoriti? Bisognerebbe chiederlo a chi ne è convinto. Io spero di andare a Sanremo a divertirmi. Fortunatamente nella mia carriera c’è già una statuetta con il leone e la palma. Quindi quest’anno vado più rilassato. Non vorrei sentire la competizione, non vorrei sentire la pressione di arrivare già con una corona in testa”. Prevale “la felicità di far parte di un parterre di colleghi eccezionali. Voglio pensare a fare spettacolo, ognuno porterà il suo. Certo – aggiunge – deve vincere qualcuno perché il format di Sanremo è questo ma non è nemmeno vero che il migliore vince. La statuetta è bella ma è la cosa che meno conta nella crescita che ti porta il festival”, aggiunge Mengoni, che racconta di custodire il trofeo della vittoria del 2013 nel suo studio: “Credo sia l’unico premio che tengo in studio. Ogni tanto lo chiudo nella scatola per non farlo impolverare”, racconta divertito in una delle sessioni di interviste prefestival.
Amadeus ti ha convinto dicendoti gli altri nomi del cast? “No, credo che Amadeus abbia convinto tutti con il suo primo Sanremo. E poi quello che mi ha convinto su tutti è stato il pezzo”.
Sulla canzone, ‘Due vite’, che porta in gara dice: “È un pezzo che è uscito fuori nella sessione di scrittura per il terzo capitolo di ‘Materia’. Eravamo in scrittura su alcuni pezzi e in arrangiamento su altri, quando è arrivato questo flusso di coscienza tra me e Davide (il testo è scritto con Davide Petrella, la musica da Petrella e Davide Simonetta, la produzione è firmata da Davide Simonetta e da E.D.D., ndr.), che ci siamo scambiati questa voglia di analizzarci. Io lo chiamo ‘la mia storia infinita’, perché fa un parallelismo tra la parte razionale della nostra vita e l’inconscio, quello che ritroviamo nei sogni, la parte forse anche più vera e più cruda della nostra emotività, dove io trovo molte risposte. Quindi il pezzo è tutto un’entrate e un’uscita tra queste due dimensioni, onirica e reale. Tra foto di momenti reali che ho vissuto, cose che ho indossato, e queste immagini surreali”. E il messaggio è “di capire e lasciare andare gli errori, di metabolizzarli e proseguire, con l’augurio di vivere una seconda vita, dove non rifare gli stessi errori e farne degli altri”, sorride. Il brano è un’anticipazione del terzo capitolo di ‘Materia’: “Sono molto contento. Sarà un terzo capitolo di analisi e riflessione a tratti anche un po’ arrabbiato”.
Per la serata cover di venerdì 10 febbraio, Marco proporrà un brano iconico della storia della musica, ‘Let it be’ dei Beatles, accompagnato sul palco dai 13 componenti del Kingdom Choir, e ammette: “È stata la serata più difficile da decidere. Perché arrivavo dal 2013 portando ‘Ciao amore ciao’, l’anno dopo ho cantato Sergio Endrigo all’Ariston. Venivo da pietre miliari della musica e della cultura italiana. Quindi – ironizza – quest’anno ho detto: prendo un pezzo per niente importante”. Poi, più serio, aggiunge: non lo ritengo nemmeno una canzone, lo rintengo un inno. Un inno all’andare avanti, una canzone non canzone, che non ha età, non ha tempo. Credo che chiunque faccia il mestiere del musicista avrebbe voluto scriverla. Un pezzo che abbraccia il mondo. Solo ascoltarlo ti fa tenere per mano con persone lontanissime. Mi ha sempre dato l’idea di preghiera, l’ho visto vicino anche molto vicino al messaggio che voleva dare ‘Due Vite’. E in questo abbraccio collettivo ho deciso di duettare con il Kingdom Choir. Per sostenere questo pezzo avevo bisogno di molte voci, di potenza”. Il Kingdom Choir è stato la prima scelta o avevi accarezzato qualche altro sogno che si è rivelato irrealizzabile? “Di sogni ce n’erano tantissimi, avrei chiesto volentieri a Paul McCartney di venire a fare un duetto con me – dice ridendo – ma credo che avesse tanti altri impegni. Sarei contento però se ascoltasse la nostra versione di ‘Let it be’, che abbiamo riarrangiato in chiave soul, blues, gospel. Ho pensato a un sacco di nomi ma credo che la cosa più giusta fosse salire sul palco con una cosa che tra l’altro non ho mai fatto: un coro gospel così numeroso sul palco non l’ho mai avuto”, sottolinea, spiegando che il ‘gancio’ con il Kingdom Choir è stata “una delle mie back vocalist nei live, che è parte integrante di questo coro”.