Verso il nuovo governo: giovedì si apre la XIX legislatura per eleggere i presidenti delle Camere
Sul calendario, la data di inizio è fissata a giovedì prossimo, 13 ottobre, il giorno in cui il nuovo Parlamento si riunirà per dare avvio ai lavori e portare al passaggio fondamentale della nascita del nuovo governo. Ma prima sarà necessario eleggere gli organi e i vertici parlamentari (i presidenti di Camera e Senato) che rendono possibile la nascita della nuova stagione repubblicana. Solo dopo questa fase, infatti, potranno svolgersi le consultazioni del presidente della Repubblica, che porteranno all’indicazione del nome a cui affidare l’incarico di formare l’esecutivo. Un nome che stavolta non è un mistero, dato il risultato elettorale; ma la vita della Repubblica è scandita da consuetudini, prassi e norme (la Costituzione e i regolamenti parlamentari), le quali fissano precise scadenze e passaggi “formali”. Non va dimenticato, infatti, che insieme alle due più alte cariche dello Stato (dopo l’inquilino del Quirinale), i presidenti dei gruppi parlamentari costituiscono gli interlocutori principali di questo importantissimo appuntamento che precede la nascita del nuovo governo, il sessantottesimo.
Ed eccole, allora, queste scadenze.
Le presidenze delle Camere
L’elezione di colui (o colei) che siederà sullo scranno più alto di Montecitorio e di Palazzo Madama rappresenta il primo adempimento delle nuove Camere, convocate nella loro prima seduta per la mattina del 13 ottobre (alle 10 la Camera, alle 10.30 Palazzo Madama). Storicamente, la “fumata bianca” arriva prima al Senato e poi alla Camera, spesso il giorno dopo.
A Montecitorio la prima seduta sarà presieduta da Ettore Rosato (Italia Viva), il vice-presidente più anziano nella scorsa legislatura. L’elezione del presidente scatta nei primi tre scrutini solo se si raggiunge la maggioranza dei 2/3; a partire dal quarto è sufficiente la maggioranza assoluta, pari a 316 voti.
Al Senato, presiedere la prima seduta toccherebbe al più anziano tra i componenti dell’assemblea: in questo caso, si tratta dell’ex presidente della Repubblica, e senatore a vita, Giorgio Napolitano, che a giugno scorso ha compiuto 97 anni. Tuttavia, pare escluso che il primo presidente della Repubblica ad essere eletto per un secondo mandato (era il 2013) possa adempiere a questo compito: le sue condizioni di salute non lo consentono. Pertanto, lo scranno di presidente provvisorio andrebbe ad un’altra senatrice a vita, Liliana Segre, nata nel 1930. Anche qui, nei primi due scrutini (previsti per la prima seduta) per eleggere il presidente serve la maggioranza assoluta dei voti dei componenti dell’Assemblea. Ove non si raggiunga tale maggioranza, si procede, nel giorno successivo, ad una terza votazione in cui basta la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, computando anche le schede bianche (questa la differenza sostanziale col voto della Camera). Qualora neanche nella terza votazione nessuno raggiunga la soglia richiesta, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti nel precedente scrutinio; viene proclamato eletto quello che ne prende di più. A parità di voti sarà eletto il candidato più anziano di età: in base a questa regola, Carlo Scognamiglio (il candidato più giovane) prevalse per un solo voto su Giovanni Spadolini (il più anziano), nel 1994.
I Gruppi parlamentari e i capigruppo
Entro due giorni dalla prima seduta, i parlamentari devono dichiarare a che gruppo aderiscono: a quel punto i gruppi sono convocati per eleggere i rispettivi presidenti.
Il presidente del Consiglio
Da quando sono eletti i presidenti delle due Camere, il presidente del Consiglio uscente può salire al Quirinale per dimettersi: resterà comunque in carica per il “disbrigo degli affari correnti”, come recita la nota formula, fino alla nomina del suo successore e al giuramento del nuovo governo.