I procedimenti disciplinari nelle pubbliche amministrazioni italiane
Tra il 1° gennaio e il 30 novembre 2021 sono stati avviati 11.003 procedimenti disciplinari nelle pubbliche amministrazioni italiane, quasi 2mila in più rispetto all’intero 2020, fermo a quota 9.292. Di questi oltre 11mila procedimenti disciplinari, solo 7.604 si sono già conclusi, di cui 1.999 con sanzione grave (1.620 con sospensione e 379 licenziamento). Nel 74% dei casi i licenziamenti del 2021 erano riconducibili a reati o assenze dal servizio ingiustificate, non comunicate nei termini o falsa certificazione-art. 55 quinquies. Sono alcuni dei numeri emersi da una elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel) per Adnkronos, basata sui dati del ministero per la Pubblica Amministrazione, Dipartimento della funzione pubblica. Negli ultimi 5 anni, sono stati 7.903 i dipendenti incappati in una sospensione, 2.033 invece quelli che sono stati licenziati. Nell’arco dello stesso quinquennio, le sanzioni più severe si sono concentrate soprattutto nelle Asl e aziende ospedaliere (2.825, pari al 28% del totale), seguite da Comuni e ministeri, che hanno registrato rispettivamente 2.128 e 2.080 sospensioni dal servizio e licenziamento, pari al 21%.
A seguire il comparto scolastico con 1.709 provvedimenti disciplinari gravi (17%), enti pubblici vari (5%), Regioni (3%) e Università e Province (2%).
Tra i procedimenti disciplinari nelle pubbliche amministrazioni italiane, se si considerano le sospensioni, in 7 casi su 10 la ragione è riconducibile alla categoria che mette insieme l’inosservanza di disposizioni di servizio, negligenza, comportamento non corretto verso superiori, colleghi e utenti o dichiarazioni non veritiere. Nei primi 11 mesi del 2021, queste motivazioni sono state alla base di 1.171 sospensioni su 1.620. Le restanti 449 si dividono tra assenze ingiustificate (12%), sospensioni riconducibili a reati (9%), attività extra lavorative non autorizzate (3%), falsa attestazione della presenza in servizio (3%), irreperibilità a visita fiscale (1%) e omessa attivazione o decadenza dell’azione disciplinare (1%).
Diverso il quadro delle ragioni dalle quali sono scaturiti i licenziamenti. Il grosso dei dipendenti pubblici incappati in questi provvedimenti drastici nel 2021 ha commesso dei reati (37%), oppure si è assentato dal luogo di lavoro in maniera illegittima, senza comunicarlo, oppure ha attestato falsamente la propria presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, o ancora ha giustificato la propria assenza con dei certificati medi falsi (37%). Comportamenti scorretti con colleghi o utenti, negligenza e inosservanza delle disposizioni di servizio sono l’origine del 17% dello scioglimento dei contratti.
L’irreperibilità in caso di visita fiscale è stata invece la causa di un solo licenziamento nel 2020. Numero che si riduce allo zero assoluto nel 2021. Le sospensioni, legate a questo, sono state 18 nel 2020 e 25 nel 2021. Un fenomeno, quello dell’irreperibilità, piuttosto diffuso. Basti pensare che nei primi 6 mesi del 2021, l’Inps ha effettuato globalmente 459.490 visite di controllo domiciliari e in ben 46.824 casi, circa uno su 10, i lavoratori sono incappati nell’esito meno auspicabile: ‘assente non giustificato/sconosciuto’. In particolare, sono risultati assenti ingiustificati oltre 21mila dipendenti del settore privato e più di 25mila del settore pubblico.
Se si analizza la portata dei provvedimenti sanzionatori nella pubblica amministrazione, in relazione al tipo di ente, il pugno più duro è stato adottato nel 2021 da ministeri e Agenzie. In questi contesti, poco meno della metà dei procedimenti si è tradotto in una sospensione dal servizio o un licenziamento (47%).
Seguono le Università (38%), la categoria enti pubblici vari (32%), le province (31%), le Asl e le aziende ospedaliere (29%), i Comuni (24%), le Regioni (23%). Nettamente al di sotto della media le scuole, nelle quali le misure più severe sono state adottate solo nell’8% dei casi.